Lombardia

Dicembre 2015

Caro diario,

la Lombardia è una regione talmente ampia e variegata che mi sono ritrovato a doverla esplorare in più tappe.
La Lombardia è una delle regioni più estese d’Italia, ma la sua viticoltura è ridotta a circa 21.600 ettari. Le zone vitivinicole sono distinte in piccole aree ben delimitate e a denominazione, troviamo infatti ben 5 DOCG, 19 DOC e 15 IGT. I terreni e i climi delle diverse zone sono molto diversi e questo caratterizza anche i vini, che oltre al terroir sono ben distinti anche per varietà di vitigni presenti. C’è una scarsa presenza di vitigni autoctoni anche se si sta avendo qualche movimento in questa direzione. Una regione così ampia non poteva che suddividersi a sua volta in sotto aree che sono storicamente vocate alla viticoltura.
Partendo da nord troviamo la Valtellina con la sua viticoltura eroica (dai 200 ai 700 m), tra gli infiniti terrazzamenti regna il vitigno Chiavennasca (Nebbiolo); scendendo troviamo la Valcamonica, che dopo un forte abbandono vitivinicolo sta iniziando un percorso di ri-valorizzazione e ri-scoperta dei vitigni autoctoni; fino ad arrivare al Sebino con la Franciacorta e Colline Bresciane, che con i suoi terreni, principalmente di origine morenica glaciale, ospita principalmente Chardonnay e Pinot Nero; spostandoci ad ovest troviamo la Bergamasca, zona collinare formata da arenarie calcaree e marnosi, dove trovano espressione il rosso Valcalepio (Cabernet Sauvignon e Merlot) e il passito autoctono Moscato di Scanzo; ad est troviamo le colline moreniche del Lago di Garda dove si concentrano varie tipologie di vino interregionali con il Veneto, dai fermi agli spumanti, anche se i più rilevanti credo siano gli autoctoni Trebbiano di Lugana ed il Groppello ed una piccola area di Tocai denominato San Martino della Battaglia; spostandoci a sud-est, nella Bassa Lombardia, in pianura e su terrazzi alluvionali troviamo il frizzante Lambrusco Mantovano; infine a sud-ovest si affaccia l’Oltrepò Pavese la macroarea più vasta della regione, pur essendo in pianura, in particolare nella zona di Pavia si trova un concentrato di colline tra i 100 e i 600 metri caratterizzate da calcari, marne e arenarie calcaree con argilla, dove troviamo la Bonarda frizzante come vino rappresentativo, sono inoltre dimora per vitigni autoctoni come la Croatina, Uva Rara, Vespolina e Barbera, oltre ad un’altissima concentrazione di Pinot Nero per spumante.
Pur essendo una regione, non posso di certo dire che sia omogenea per suoli, tradizioni e tipologie di vino pertanto tutte queste piccole aree vanno scoperte e approfondite distintamente. Una regione ricca, dove purtroppo, per l’agricoltura, troviamo molta industrializzazione e orientamento al mercato. Come già detto all’inizio, la viticoltura, rispetto all’estensione regionale, è molto ridotta, anche se orientata all’alta qualità. Attenzione però, perché secondo il mio parere l’equilibrio tra vero agricoltore e imprenditore è sbilanciato.



FRANCIACORTA

(ottobre-novembre 2014)

Caro diario,

per la Franciacorta ho dovuto compiere un viaggio introspettivo, si tratta infatti di casa mia! Proprio per questo sono stato più critico e meno indulgente con questa fantastica terra, ricca di ogni bene immaginabile. Ci sono clima, laghi, fiumi e montagne; c’è una realtà contadina; ci sono storia e cultura; tradizioni e innovazioni. Qui vive anche lo spirito imprenditoriale della provincia di Brescia, mantenuto attivo da chi ha la possibilità di investire, perché si sa, il denaro è parte integrante della crescita aziendale.

franciacorta

La Franciacorta è la mia terra e le cantine della zona mi sono quasi tutte familiari. In questo mio viaggio però ne ho scoperte di nuove e approfondito la conoscenza di quelle che credevo di conoscere. Ho visitato 20 tra le 110 cantine presenti sul territorio, e vi ho trovato, o meglio non ho trovato la realtà contadina. Purtroppo è sparita.

Salvo pochissime eccezioni, si sono sì grandi investimenti e un grande vino, ma per quanto ho potuto vedere manca ancora l’identità. Un’ identità che non sia solamente legata al business ma, come recita il Consorzio, che sia un’“Unione di Passioni”. La passione la si trova solo nelle persone ed è legata alla terra e alle tradizioni, non al business plan.

Altro aspetto preoccupante è l’inquinamento dato dalla vicinanza a grosse realtà produttive. Parlare di naturale, biologico e biodinamico è sempre bene visto e la mia selezione si orienta in quella direzione, ma dobbiamo essere coscienti di dove qual è la realtà ambientale in cui ci troviamo.

Forse sono stato duro, o semplicemente “autentico”, ma amo questa terra e ho tanta fiducia nelle sue potenzialità. Ci sono comunque alcune realtà che hanno veramente a cuore quello che fanno, senza pensare unicamente alla vendita di tutte le bottiglie prodotte. Tirando le somme, secondo il mio parere, andrebbe riequilibrato l’aspetto agricolo con quello imprenditoriale per ritrovare la passione in questa splendida terra.

ravarini

… Natura pura senza compromessi…

 

Gianluigi Ravarini (Gigi) è una delle rare testimonianze che dimostra come l’agricoltura e la viticoltura in Franciacorta sia un’arte vissuta sia in prima persona che dalla collettività, attraverso la passione e il sostegno alla famiglia. Ufficialmente l’Azienda Agricola nasce nel 1971 grazie al padre Bortolo, detto Piero (infermiere) come mezzadro di 1,5 ettari piantati a vite. Agli inizi produce vino sfuso e qualche centinaio di bottiglie in maniera naturale, unico modo conosciuto di fare vino. Proprio in quel periodo però, iniziano i primi movimenti imprenditoriali che cambiano gli equilibri, fino ad arrivare agli Anni ‘90 dove con la forza acquisita si inizia ad acquistare uva per produrre Franciacorta.

Nel 2002 dopo varie esperienze in altre cantine e anni da conferitore di uve, prende ispirazione e coraggio dall’amico Giovanni (Gigi) Balestra e inizia così il suo percorso da vignaiolo artigiano in collina. Si riappropria dell’espressione che vuol trasmettere del suo territorio il vino di Monticelli Brusati. Ad oggi Gigi segue personalmente 6 ettari in maniera naturale (dal 2015 certificato bio) tra cui 4 a vite e 2 tra oliveto e bosco dove ricava i pali per i sui vigneti. Crede inoltre, che la piccola zona di Monticelli, che spazia da origini moreniche e alluvionali ricche di minerali, argille, calcare, torrenti e venti, si distingua bene dal resto della Franciacorta. Per esprimere al meglio queste differenze, sceglie di produrre in maniera naturale utilizzando solo acciaio e cemento. Gigi è inoltre il primo a dichiarare in etichetta tutti i prodotti utilizzati. Il suo Franciacorta, un solo vino (circa 3.000 bott./anno) senza dosaggi e interamente figlio di un’annata (con affinamento di minimo 30/40 mesi), viene proposto in quantità limitate per altri due anni, prolungando l’affinamento ed evidenziando il carattere d’annata e non corretto del vino. Nel 2002, come sperimentazione, ha piantato probabilmente il primo vigneto di Pinot Meunier della Franciacorta. Di questo vitigno va alla ricerca della sua miglior espressione attraverso microvinificazioni tra rosati, metodo classico Blanc de Noir, Rosè. Come da tradizione non mancano i vini fermi. Anche in questo caso è una continua sperimentazione tra Cabernet Franc, Chardonnay, Merlot, Pinot Meunier, Nero. Che soddisfazione, finalmente una realtà Franciacortina artigiana che senza paura e senza seguire le regole del mercato sperimenta liberamente territorio e vitigno cercando di trasmettere passione e cultura agricola.

“Il Vino va vissuto credendo in lui, non nel mercato”

Gianluigi Ravarini

 



 


VALTELLINA

 

dicembre – gennaio 2015

 

Caro diario,
nel mio viaggio in Valtellina ho potuto toccare con mano i suoi secoli, qualcuno dice anche millenni, di storia. La Valtellina è una terra che ha qualcosa in più e non mi stupisce che sia stata messa in lista per diventare Patrimonio Mondiale dell’Unesco. È una delle zone più estese di “Viticoltura Eroica” (di montagna) d’Italia e conta uno sviluppo stimabile di oltre 2.500 Km lineari di terrazzamenti creati nei secoli dall’uomo, che a mano e con enormi fatiche ha costruito, pietra dopo pietra, la Valtellina che possiamo ammirare oggi.
Quello che ho scoperto nel mio viaggio e che vi posso raccontare è la storia e l’energia umana che si percepisce. Nella mia esplorazione ho scoperto una Valtellina antica, che sprigiona fatiche ed orgoglio da ogni pietra. Negli infiniti frazionamenti di vigneti, alcuni purtroppo abbandonati, ho incontrato la gente del posto, ad oggi più anziani che giovani, anche se ultimamente il trend si sta invertendo, che per primi trasmettono questo senso di orgoglio per la propria terra. È come se la Valtellina fosse la loro creatura. Stupisce come questi vigneti quasi inaccessibili, creati tra le rocce e con pendenze così ripide e pericolose, siano vissuti da tutti quasi come un modo di mantenere una certa artigianalità di approccio al lavoro. Qui il tempo sembra essersi fermato, sembra abbiano messo un limite all’industrializzazione. Chi giunge in questa terra non può che provare una sensazione di grande equilibrio che traspare nel rispetto reciproco tra natura e uomo.
La Valtellina gode di circa 900 ettari di vigneti sul versante retico esposto a sud e di una valle posta al contrario in direzione ovest-est. Avere una grande esposizione al sole, varie brezze e correnti di vento, altitudine variabile, tanta roccia e pietra che trattengono il calore sono tutti vantaggi. Il terreno è prevalentemente sabbioso/roccioso e poco profondo (mediamente 30 cm) soggetto a rischio siccità. Su alcune rocce si vedono ancora scavate canaline che indirizzano e convogliano l’umidità e l’acqua delle piogge nei terrazzamenti.
La Valtellina è soggetta a sbalzi termici tra giorno e notte e gode di microclimi particolarissimi che favoriscono la viticoltura. Una prova tangibile di questo clima alpino particolare è data dalla presenza dei fichi d’india, che, osservando bene, si possono trovare sparsi nella vegetazione.
Il valore di questa terra è riconosciuto anche da numerosi testi e documentari che ne parlano, tra cui ho il piacere di citare “Rupi del vino” di Ermanno Olmi. Il mio consiglio però, è quello di visitare dal vivo questa terra, di non leggerla su un libro, perché unica nel suo genere. Camminate tra le vigne, parlate con la gente e, perché no, fermatevi a mangiare i pizzoccheri e i formaggi stagionati locali, tra Bitto e Casera lascio a voi la scelta!

logo CÀBIANCHE

… passione quotidiana e stile di vita …

 

Qual è la cosa più folle che Davide Bana, giovane Valtellinese con un lavoro nella vicina Svizzera, poteva fare all’età di 27 anni? Cambiare vita, mollare tutto e nel 2007 ritirare la piccola Azienda Agricola di famiglia: 1 ettaro di mele e 1 di vigna. La follia a cui mi riferisco è quella di scegliere di fare agricoltura in Valtellina, terra tanto bella quanto difficile. Il sentimento per questa terra deve essere forte e soprattutto bisogna avere una vera vocazione per lavorare in questi luoghi. Davide ha forza e obiettivi ben precisi, vuole fare qualcosa di importante per il suo territorio pieno di asperità e che non regala nulla senza fatica. Nel 2007 smette di conferire le sue uve e continua la tradizione di vinificare solo per autoconsumo, ma sempre con un obiettivo chiaro, fare qualità.
Ecco che così inizia a preparare/ripristinare i vigneti, dividere i raccolti per altimetria e vinificare separatamente con lieviti indigeni. Finalmente nel 2011, dopo molti sforzi, riesce a portare l’azienda a ben 4 ettari di mele e piccoli frutti e 2 ettari di vigneti (Fàset – La Tèna). I vigneti sono pronti per concedere a Davide un ricco frutto per le sue prime 4.000 bottiglie, divise tra un Valtellina Superiore DOCG (La Tèna – 3000 bott.) e lo Sfursàt DOCG (Fasèt – 1000 bott.). Questo però è solo il punto di partenza, non di arrivo, da qui in è ancora tutto da scrivere.
La Valtellina è un patrimonio forse più unico che raro, vive grazie alla forza dei giovani Valtellinesi, i primi custodi di questo territorio che mantengono un forte legame con le tradizioni e allo stesso tempo hanno il coraggio di migliorare e innovare. Così come nel passato capirono che da quelle rocce si poteva trarre agricoltura, oggi da questo Chiavennasca, si ricerca sempre più qualità.

“La passione per la vigna e il lavoro nei campi l’ho ereditata da mio nonno che fin da quando ero piccolo mi insegnò ad alzarmi presto al mattino per andare con lui a lavorare.”

Davide Bana

 



 

VALCAMONICA

Maggio 2015

 

Caro diario,
Valcamonica e Camuni chi non ne ha mai sentito parlare?

Si tratta della valle lombarda più estesa, lunga ben 90 Km, così ricca e varia da poter soddisfare tutti i gusti, dall’esperienza naturale a quella culturale. È racchiusa tra montagne con cime che superano i 3.000 metri: ad est dal gruppo Alpi dell’Adamello prevalentemente formato da granito (es. tonalite) e ad ovest dalle Prealpi Orobiche, più calcaree. Data la sua grande estensione troviamo climi unici che variano di zona in zona, dal prealpino, verso il Lago di Iseo a quello alpino nell’alta Valle, verso il Passo del Tonale.

 

valcamonica

(Incisione rupestre Patrimonio Unesco)

Anche la viticoltura fa parte della storia comuna, era infatti già presente in età romanica e nel basso Medio Evo (1001 d.C.), purtroppo però lo sviluppo economico, la ricchezza e il benessere hanno portato i camuni ad abbandonare le fatiche nei campi e seguire il progresso. Con questo cambiamento si è persa anche la viticoltura locale e i vitigni autoctoni, ad oggi si stimano solo 150 ettari vitati in tutta la valle. Nel 2003 inizia a cambiare qualcosa, nascono i primi movimenti di associazioni e anche il Consorzio di Tutela Vini di Valcamonica I.G.T., che aiuta a compiere un passo importante verso la ricerca di una nuova identità. Ma è anche grazie ad orgogliosi viticoltori camuni, che si cerca, con il lavoro di ogni giorno, di recuperare ciò che un tempo molto lontano si faceva in modo “unico e genuino”, come alcuni antichi scritti ci rammentano.

Pertanto da buon bresciano e amante del buon vino è doveroso per me trovare un modo di contribuire alla rinascita della viticoltura camuna proponendo il loro vino e augurando a tutti i viticoltori camuni di scrivere una nuova pagina della loro storia.

 

logo LA MURACA

… mantenere la naturalità, il più possibile …

 

Mario e Gianpietro Chiappini conducono insieme l’azienda famigliare, più per passione che per dovere. Entrambi infatti fanno i viticoltori come secondo lavoro, ma danno il massimo percontribuire alla crescita di un sogno e di un’identità vitivinicola ormai perduta in questa valle. Da sempre svolgono l’attività di coltivatori con entusiasmo, consegnando i loro prodotti ad amici e cooperative locali.  Il 2009 è stato l’anno della svolta, momento in cui hanno iniziato a prendere consapevolezza delle potenzialità di cui sia i terreni che loro stessi erano ricchi. Quello che ne è seguito è immediato, insieme decidono di dar vita alla prima vinificazione. Nel 2015 La Muraca risulta essere una vera e propria realtà agricola in crescita. Le sue terre comprendono 1 ettaro dedicato alla coltivazione di patate da varietà antiche e mais per polenta e 2 ettari a vite posti in media Valcamonica, in Località Sendini a Losine proprio sotto la Concarena. Le caratteristiche peculiari di questa zona sono i terreni calcarei e sabbiosi che donano ai vini buona mineralità e le ottime escursioni termiche, che regalano ai vini profumi e aromi di buona intensità. Ma solo questo non basta, il vino è una creazione dell’uomo e sarà poi lui ad accompagnare il frutto nella sua trasformazione. Alla Muraca tutto viene eseguito secondo i principi della biodinamica, utilizzando in campo rame e zolfo a bassi dosaggi abbinati ad argille naturali, propoli, tisane di ortica ed equiseto e basse rese di produzione. In cantina si osserva e si aspetta, non si filtra, non si chiarifica, non si usano lieviti selezionati, non si controllano le temperature. Tutto questo per garantire la genuinità del prodotto senza alterarlo in maniera invasiva. È così che nascono 1.300 bottiglie di Valcamonica Rosso e 700 bottiglie di Valcamonica Bianco, vini naturali da viticoltori artigiani, che si augurano di arrivare a 4.000 bottiglie tra qualche anno.

“Cerchiamo di accompagnare il processo di creazione dei nostri vini senza alterarli e senza compromessi chimici, speriamo vi possa piacere.

Mario Chiappini